
Credito d’Imposta per Investimenti in Beni Strumentali:
Gli Obblighi Documentali
Il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali è un beneficio fiscale sostitutivo, con la Legge di Bilancio 2020, delle normative previgenti in materia di super ed iper ammortamento ed è destinato ai soggetti titolari di reddito d’impresa ed agli esercenti arti e professioni che effettuano investimenti nell’acquisto di beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa, beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese e beni immateriali connessi al modello Industria 4.0. Tuttavia, la fruizione di questa tipologia di credito d’imposta è subordinata ad una serie di oneri documentali. Il comma 195 dell’art 1 della Legge di Bilancio 2020 stabilisce infatti che “ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili”; tale obbligo riguarda l’acquisto di tutti i beni strumentali agevolabili, sia quelli materiali ordinari e sia quelli materiali e immateriali rientranti nella categoria “Industria 4.0”.
Da questo punto di vista, un primo aspetto fondamentale concerne innanzitutto la dicitura da inserire nelle fatture di acconto e saldo e negli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati e che deve contenere un espresso riferimento alle disposizioni della Legge di Bilancio 2020, come ad esempio “Bene agevolabile ai sensi dell’articolo 1, commi 184-194, Legge 160 del 27.12.2019”. In caso di acquisizione del bene a titolo di proprietà, la fattura sprovvista di tale dicitura non sarà considerata idonea e lo stesso vale per le fatture attestanti l’acquisizione del bene tramite contratto di locazione finanziaria ed il relativo contratto di leasing. Pertanto, in caso di controlli e verifiche, qualora tali documenti venissero trovati privi della dovuta indicazione e pertanto non validi, la quota agevolativa verrà revocata, fatta salva la possibilità di regolarizzazione da parte dell’impresa beneficiaria.

In merito alle modalità di regolarizzazione delle fatture, l’Agenzia delle Entrate, attraverso le risposte all’interpello numero 438 e 439 del 5 ottobre 2020, offre le seguenti strade: in caso di fattura cartacea, il riferimento normativo può essere riportato dall’impresa acquirente sull’originale di ogni fattura con scrittura indelebile anche tramite l’utilizzo di un apposito timbro; in caso di fattura elettronica, è possibile stampare e conservare il documento di spesa apponendo la predetta scritta indelebile oppure, in alternativa, realizzare un’integrazione elettronica da unire all’originale e conservare insieme allo stesso secondo le modalità indicate nella Circolare n. 14/E del 2019. In ogni caso, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che la “predetta regolarizzazione dei documenti già emessi dovrà essere operata , da parte dell’impresa beneficiaria entro la data in cui sono state avviate eventuali attività di controllo”.
Per quanto riguarda gli altri documenti da conservare, non vengono fornite specifiche indicazioni dal Legislatore; tuttavia si possono far rientrare tra questi, a titolo esemplificativo e non esaustivo: in caso di acquisto del bene a titolo di proprietà, il contratto di acquisto, i documenti di trasporto, l’ offerta del fornitore, la conferma d’ordine ed il verbale di collaudo attestante l’entrata in funzione del bene; in caso di acquisizione del bene tramite locazione finanziaria, l’ offerta del fornitore, la conferma d’ordine, il contratto di locazione finanziaria, i documenti di trasporto ed il verbale di collaudo. In merito agli acquisti di beni strumentali nuovi da saldarsi entro il primo semestre 30 giugno 2021 è necessario conservare anche il pagamento di un acconto in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione del bene da effettuarsi entro il 31 dicembre 2020.

Infine, per i soli beni materiali e immateriali 4.0, è previsto un ulteriore onere documentale consistente alternativamente in una perizia tecnica semplice rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali, ovvero in un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato. In entrambi i casi, i documenti devono confermare che i beni oggetto di agevolazione possiedono le dovute caratteristiche tecniche tali da poterli includere nei rispettivi allegati A e B alla legge n. 232/2016 e che sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Per i beni il cui costo unitario di acquisizione non risulti superiore a 300.000 euro, l’onere documentale in esame può essere adempiuto attraverso una dichiarazione resa dal legale rappresentante, fermo restando la facoltà per l’impresa di optare comunque per la perizia tecnica semplice o l’attestato di conformità.