CREDITO D’IMPOSTA:
PROFILI SANZIONATORI
Per quanto riguarda il profilo sanzionatorio tributario nei confronti di un contribuente che abbia indebitamente utilizzato in compensazione un credito d’imposta, il Legislatore opera una distinzione tra la fattispecie del credito d’imposta “non spettante” e la fattispecie del credito d’imposta “inesistente”.
Nello specifico, il credito d’imposta non spettante si verifica quando il credito d’imposta risulta esistente ma il relativo utilizzo avviene in misura superiore a quella spettante, ovvero in violazione delle modalità di fruizione normativamente previste; tali violazioni vengono punite con l’irrogazione di una sanzione pari al 30% del credito utilizzato in compensazione. Il credito d’imposta inesistente si configura quando non si riscontrano, in tutto o in parte, i relativi presupposti costitutivi, sia dal punto di vista oggettivo, nel caso di crediti materialmente inesistenti sin dall’origine ovvero già utilizzati precedentemente, sia dal punto di vista soggettivo, cioè dei quali è riconosciuta la spettanza ad un soggetto diverso da quello che li utilizza in indebita compensazione, ovvero i crediti sottoposti a condizione sospensiva; per tale condotta illecita, viene prevista una sanzione molto più gravosa, variabile dal 100% al 200% dell’importo del credito utilizzato in compensazione e precludendo altresì al trasgressore la possibilità di accedere al beneficio della definizione agevolata delle sanzioni che potrebbe consentire il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione prevista attraverso ravvedimento operoso, prima che sia stato notificato l’atto di recupero.
Dal punto di vista penale, per entrambe le fattispecie summenzionate, l’art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000 disciplina il reato di indebita compensazione e prevede, nel caso di crediti non spettanti, la reclusione da sei mesi a due anni nel caso di doloso utilizzo in compensazione di crediti non spettanti per un importo annuo superiore a cinquantamila euro; per quanto concerne i crediti inesistenti viene prevista la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, in caso di doloso utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.
In merito alla fattispecie del credito d’imposta inesistente il Legislatore ha previsto altresì una specifica disciplina per quanto concerne i termini di accertamento. In linea generale, il potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria soggiace al limite temporale previsto dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, secondo cui gli avvisi di accertamento devono essere notificati, “a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”. In deroga a tale disposizione, l’art. 27, comma 16, del D.L. n.185/2008, stabilisce che il recupero di crediti inesistenti utilizzati in compensazione deve essere effettuato “a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo”.
Da quanto riportato risulta evidente la sussistenza, tra le due fattispecie di indebito utilizzo del credito d’imposta, di differenti conseguenze in termini di sanzioni irrogate, preclusione di misure agevolative e termini di accertamento. Per tale motivo, il Legislatore ha previsto, per quanto riguarda il credito d’imposta inesistente, che tale inesistenza non può essere riscontrata attraverso controlli automatizzati o mediante controlli basati sul riscontro formale della documentazione. Come ulteriormente chiarito da Assonime, nella circolare n. 1/2021, ai fini di una corretta qualificazione della condotta del contribuente, le sanzioni per credito inesistente non possono essere applicate in maniera automatica, ma è necessario valutare caso per caso il comportamento eventualmente fraudolento del contribuente; la finalità di tale approccio è circoscrivere l’applicazione della sanzione per credito inesistente alle sole condotte strettamente fraudolente e non considerare un’indebita fruizione del credito tout court inesistente, con le pesanti conseguenze soprarichiamate.
Per una corretta qualificazione giuridica del credito d’imposta come inesistente devo pertanto riscontrarsi una carenza ab origine dei requisiti essenziali oggettivi e soggettivi previsti dalla normativa, l’integrazione in capo al contribuente di una condotta dolosa fraudolenta volta all’ottenimento di misure agevolative altrimenti precluse (a titolo esemplificativo e non esaustivo: non aver mai svolto alcuna attività che possa qualificarsi come R&S, non aver ottemperato ai dovuti oneri documentali, aver effettuato semplici investimenti in beni materiali e immateriali non rientranti nella normativa agevolativa) e la realizzazione di un’apposita attività di controllo da parte degli organi competenti. Tali presupposti vanno quindi a distinguere in maniera più netta le ipotesi di frode, passibili delle sanzioni sopracitate ai sensi del D.Lgs. 74/2000, dalle condotte prive di qualsiasi elemento doloso costitutivo del reato e che dovrebbero portare ad equiparare la eventuale indebita compensazione alla stregua di un omesso versamento o comunque di un mero errore interpretativo.