CREDITO D’IMPOSTA R&S E SETTORE ALIMENTARE
Come ben sappiamo, l’attività di R&S, per esser qualificata tale, deve portare ad un passo migliorativo rispetto alle conoscenze che caratterizzano lo stato dell’arte in un determinato settore, producendo un incremento dello stock di saperi a disposizione della collettività; il tutto attraverso un processo che contempli una serie di requisiti mutuati dal Manuale di Frascati, ovvero: la novità, la creatività, l’incertezza tecnico-finanziaria, la sistematicità e la trasferibilità. Tali criteri assumono una valenza di carattere trasversale in quanto applicabili indistintamente a tutti i settori economico produttivi, compresa quindi l’industria alimentare.
Sul tema risulta interessante la Risposta all’interpello n. 188 del 17.03.2021 contenente il parere tecnico del MiSE che offre alcune esemplificazioni di attività eleggibili ed attività escluse dal credito d’imposta R&S nel settore dell’industria alimentare ed in particolare della ristorazione e della gastronomia. A titolo esemplificativo e non esaustivo, sono ammissibili al credito d’imposta R&S quel complesso di lavori finalizzati al significativo prolungamento della shelf life di un prodotto attraverso l’implementazione di nuovi metodi di trattamento e conservazione degli alimenti, nuove materie prime, nuove tecniche di confezionamento, non realizzabili con le conoscenze a disposizione in quel momento; vi rientrano altresì i lavori finalizzati all’introduzione di nuovi ingredienti e formulazioni in grado di generare un’utilità tecnologica sui prodotti alimentari come i prodotti nutriceutici che offrono una serie di effetti benefici sulla salute umana in termini di prevenzione e contrasto a patologie legate all’alimentazione; come afferma lo stesso documento di prassi “è questo il caso delle attività aventi ad oggetto la produzione di nuove conoscenze e la risoluzione di incertezze di carattere tecnico nell’ambito dei prodotti nutraceutici; vale a dire, quei prodotti le cui caratteristiche nutrizionali, opportunamente modificate e/o arricchite, consentono di produrre un effetto benefico e /o protettivo nei confronti della salute umana, fornendo se del caso metodi alternativi per la riduzione e la gestione del rischio di malattia”.
Al contrario, sono da ritenersi escluse dall’ammissibilità al beneficio fiscale l’insieme di attività finalizzate alla formulazione di nuove ricette di prodotti alimentari, il cui unico risultato trova espressione in un qualche effetto estetico legato alla forma o composizione del piatto ovvero nella proposizione di un gusto o di un nuovo sapore. Sono altresì esclusi i lavori legati all’innovazione del packaging dal punto di vista del design di colori, forme ed aspetti meramente grafici e, non da ultimo, sono escluse le attività di marketing che prevedono un rinnovo dell’offerta commerciale maggiormente in linea con le esigenze della clientela, in quanto tale aspetto non può essere considerato un ostacolo di natura tecnico scientifica.
In conclusione, la ratio della disposizione normativa è pertanto quella di premiare “le attività che nell’ambito di un determinato progetto finalizzato all’introduzione di un nuovo prodotto (bene o servizio) o di un nuovo processo (di produzione di un prodotto) – o finalizzato ad apportare significativi miglioramenti a prodotti o processi esistenti – si rendano necessarie per il superamento di un problema o di un’incertezza scientifica o tecnologica, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico”.