LA COMPLESSA QUESTIONE
TRA CREDITI D’IMPOSTA R&S
INESISTENTI E NON SPETTANTI
Come più volte sottolineato nell’ambito delle trattazioni sul credito d’imposta R&S, in tempi recenti assistiamo al consolidarsi di un cospicuo filone giurisprudenziale a tutela del contribuente e che tende ad ammonire il lavoro ispettivo svolto dall’Agenzia delle Entrate in merito ad una serie di aspetti tra cui l’assenza di adeguate competenze tecniche ed il correlato mancato coinvolgimento del MiSe, l’erronea interpretazione del manuale di Frascati ante 2019 alla luce soprattutto dell’assenza di una traduzione giurata in lingua italiana fino al 2022 ed il pressoché automatico inquadramento delle violazioni nell’ambito della fattispecie di credito inesistente e non del credito non spettante, con i conseguenti rilevanti aspetti sanzionatori.
In linea generale, la situazione descritta testimonia come l’ente eserciti ad oggi un’ampia discrezionalità nell’attività ispettiva, senza commisurarla ai singoli casi concreti e senza peraltro ricorrere, spesso e volentieri, ad un corredato parere tecnico del Mi.Se. Come se non bastasse, l’Agenzia delle Entrate ha ratificato molte contestazioni legate ad una fruizione scorretta del beneficio in esame, applicando in maniera pressoché automatica la sanzione prevista in caso di utilizzo di crediti inesistenti e non quella di minore entità stabilita per i crediti non spettanti.
Un tale approccio stride parecchio con tutta la normativa ad oggi in vigore e che vedrebbe limitare la comminazione della sanzione ex art.13 comma 5, del D.Lgs. n. 471/1997 a delle ipotesi caratterizzate da una condotta marcatamente dolosa e coscientemente fraudolenta da parte del contribuente, connotata pertanto da una componente psicologica rilevante.
A delineare in maniera ancor più marcata la distinzione tra crediti d’imposta non spettanti ed inesistenti è intervenuta recentemente la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con le Sentenze n.34443/2021, n.34444/2021 e n.34445/2021 in cui viene stabilito che “Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633“.
Il credito inesistente risulta pertanto connotato da due requisiti essenziali che devono essere contestualmente presenti: la mancanza del presupposto costitutivo necessario per farlo sorgere; parliamo pertanto di una condotta fraudolenta del contribuente o comunque una determinazione del credito in base ad una rappresentazione dei dati non reale e non veritiera; la non riscontrabilità attraverso i controlli fiscali, intesa come l’impossibilità di riscontrare l’inesistenza del credito mediante le ordinarie attività di liquidazione e controllo, automatizzato o formale, delle dichiarazioni presentate dai contribuenti. In assenza di uno solo di questi due presupporti il credito d’imposta non può essere qualificato come inesistente, bensì come credito non spettante.
Le sentenze in esame vengono altresì a dirime i dubbi inerenti i termini dell’avviso di recupero. Coerentemente con quanto disposto dall’articolo 27, comma 16 del Dl 185/2008, l’avviso di recupero per un credito inesistente compensato deve essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo; per converso, qualora il credito risulti non spettante, il termine decadenziale dell’avviso di recupero è lo stesso dell’atto di accertamento ordinario, ovvero il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, così come stabilito dall’art.1 comma 132 della L. 208/2015, il quale modifica i termini per gli accertamenti elevandoli da 4 a 5 anni relativamente agli avvisi inerenti il periodo d’imposta in corso alla data del 31.12.2016 e periodi successivi.