R&S ED INNOVAZIONE:
LA SENTENZA CTP AOSTA N. 46
Ad oggi sono ormai numerose le sentenze che, nell’ambito di un contenzioso connesso al recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate del credito in R&S, danno ragione al Contribuente rispetto alle contestazioni sollevate dall’ente accertatore.
Il filone giurisprudenziale che si sta consolidando ammonisce il fisco in merito ad una serie di aspetti tra cui l’assenza di adeguate competenze tecniche ed il correlato mancato coinvolgimento del MiSe, l’erronea interpretazione dei manuali di Oslo e Frascati ante 2019 alla luce soprattutto dell’assenza di una traduzione giurata in lingua italiana fino al 2022 ed il pressoché automatico inquadramento delle violazioni nell’ambito della fattispecie di credito inesistente e non del credito non spettante, con i conseguenti rilevanti aspetti sanzionatori.
Come più volte richiamato nei nostri articoli, i documenti di riferimento per quanto concerne la definizione delle attività di R&S e quelle d’innovazione sono il Manuale di Frascati ed il Manuale di Oslo, entrambi redatti dall’OCSE.
Le caratteristiche salienti dell’innovazione sono la novità, ossia che il prodotto, il processo o il servizio devono essere nuovi o migliorati, e l’implementazione che prevede l’introduzione del prodotto innovativo nel mercato o l’utilizzo del processo nella azienda. Al fine di una corretta fruizione del credito d’imposta è pertanto fondamentale inquadrare il grado di significatività dell’innovazione apportata e della relativa distinzione con le attività di routine o di normale sviluppo di prodotto e con le ordinarie attività dell’impresa.
L’8 novembre 2021 è stata depositata la sentenza n. 46 dal Tribunale provinciale di Aosta, con cui è stato sancito che ai fini della corretta fruizione del credito R&S, l’innovazione relativa all’investimento può consistere anche nell’adozione di conoscenze e capacità esistenti che comunque apportano una novità per l’impresa. Non deve, quindi, necessariamente trattarsi della creazione di nuove conoscenze nel settore di appartenenza.
Il caso in esame riguarda un ricorso presentato nei confronti di un atto di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate, inerente l’anno d’imposta 2016, per un credito d’imposta R&S di importo, comprensivo di sanzioni ed interessi, pari ad euro 147.215,94.
La difesa del contribuente, opponendosi alla legittimità dell’atto impugnato, richiama l’art.3 del DL 145/2016 concernente gli investimenti in R&S, il quale ammette al beneficio fiscale in esame le attività consistenti in “acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati”. Il tribunale accoglie il ricorso riconoscendo che, dal tenore della norma richiamata, “deve trattarsi di innovazioni per il contribuente conseguenti all’adozione di conoscenze e capacità già esistenti che rappresentano un’innovazione per l’azienda”. A suffragare tale posizione viene altresì richiamato il manuale di Oslo “che considera come requisito minimo, che il prodotto o processo dia nuovo (o significativamente migliorato) per l’azienda (non deve essere nuovo per il mondo)”.
Partendo da tali assunti, viene contestata la posizione dell’Agenzia delle Entrate perché, da un lato, riconosce l’investimento innovativo mentre dall’atro non riconosce il beneficio in quanto non si tratta di una novità assoluta nel settore di appartenenza, nonostante la norma sopra richiamata riconosca esplicitamente il beneficio fiscale del credito d’imposta anche per l’acquisizione e l’utilizzo di conoscenze e capacita esistenti; ne consegue “per la ricorrente l’assenza di una esatta interpretazione della norma con una assenza di motivazione e contraddizione in termini”.