Novembre 23, 2023 Credito d'Imposta R&S&I&D / NEWS 0 Comment

TAX CREDIT R&S:

SENTENZA N°738 DEL 2023 DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE MARCHE

Con la sentenza n. 738 del 2023, la Corte di Giustizia delle Marche torna ad affrontare una serie di aspetti inerenti il corretto inquadramento del credito d’imposta R&S e dei requisiti imprescindibili che devono caratterizzare l’attività svolta, alla luce delle indicazioni mutuate dal Manuale di Frascati, quali novità, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibiltà e/o riproducibilità.

Vicenda oggetto della sentenza riguarda una verifica, condotta dall’agenzia delle Entrate, nei confronti di una Srl al fine di accertare la sussistenza dei sopracitati requisiti indispensabili per una corretta fruizione di un credito d’imposta R&S maturato nel periodo d’imposta 2015. L’esito dell’azione ispettiva ha condotto l’AdE ha contestare l’assenza del requisito della novità e del rischio di insuccesso tecnico, andando consequenzialmente ha definire come inesistente il presupposto costitutivo del beneficio fiscale e notificando alla società il connesso atto di recupero.

Sul punto, il collegio giudicante riconosce l’illegittimità dell’atto di recupero notificato in quanto la contestazione di un credito di imposta R&S indebitamente fruito per una presunta violazione dei requisiti mutuali dal Manuale di Frascati deve essere considerata come afferente alla fattispecie del credito non spettante e non del credito inesistente. Come ampiamente delineato nelle sentenze gemelle n.34443/2021, n.34444/2021  e n.34445/2021, il credito inesistente risulta connotato da due requisiti essenziali che devono essere contestualmente presenti: la mancanza del presupposto costitutivo necessario per farlo sorgere, da intendersi quale condotta fraudolenta del contribuente tesa alla determinazione del credito in base ad una rappresentazione dei dati non reale e non veritiera; la non riscontrabilità attraverso i controlli fiscali, intesa come l’impossibilità di riscontrare l’inesistenza del credito mediante le ordinarie attività di liquidazione e controllo, automatizzato o formale, delle dichiarazioni presentate dai contribuenti

Da tale fondamentale distinzione, ne consegue che varia anche il regime sanzionatorio: per i crediti inesistenti la sanzione amministrativa va dal 100% al 200% del loro ammontare, ai sensi del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, comma 5, dell’articolo 13; contestualmente troverebbe applicazione il Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 27, comma 16, secondo il quale, per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione, l’atto di recupero deve essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. Per i crediti non spettanti sarà comminata la sanzione ordinaria del 30% ai sensi del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, comma 4, dell’articolo 13 ed il termine decadenziale applicabile risulta quello ordinario quadriennale (fino all’annualità 2015) o quinquennale (a partire dal 2016) ai sensi dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 ed all’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972 così come modificati dall’art.1, comma 131, della L. n. 208/2015.

A seguire, il collegio rileva altresì l’assenza di un comportamento in abuso di potere da parte dell’Agenzia delle Entrate con riferimento alla mancata  richiesta di parere tecnico al Mise in quanto consistente in una mera facoltà e non un obbligo; a tal proposti,  la sentenza chiarisce che “E’ evidente, quindi, come l’attività di controllo rappresenti, per riserva di legge, una esclusiva attività di accertamento spettante di diritto all’Agenzia delle Entrate che può sviluppare in piena autonomia o. se lo ritiene necessario, avvalendosi anche di altre strutture della pubblica amministrazione utili e competenti per la motivazione dell’atto di accertamento; ovviamente trattasi di facoltà e non di obbligo e nell’ambito della piena autonomia della formazione dell’atto impositivo l’Agenzia delle Entrate ha, nel caso di specie, correttamente operato senza alcun abuso di potere”.

Non da ultimo, il Collegio giudicante ha evidenziato che né la legge di cui all’ art.3 Dl 145/13 e Dm 27 maggio 2015, né la prassi ministeriale e neanche il Manuale di Frascati richiedono l’ottenimento di una privativa industriale di brevetto per invenzione al fine del soddisfacimento del requisito dell’ innovazione. A tal proposito viene richiamato l’art.82 CPI in cui viene sancito che “Possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine, o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti”. Partendo da tali assunti, i giudici riconoscono che “E’ evidente, quindi, come il concetto di innovazione debba ricomprendersi tanto nel brevetto di utilità quanto nelle brevetto di invenzione nel senso che senza la novità e l’originalità ergo, l’innovazione, non è possibile ottenere l’iscrizione neanche come brevetto di utilità”. Ne consegue che la registrazione di un brevetto di utilità presupponga indubbiamente una componente d’innovazione, determinando, nel caso specifico, il riconoscimento della legittimità per la fruizione del credito d’imposta R&S.

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