
CREDITO D’IMPOSTA R&S: ATTO D’INDIRIZZO MEF N°18/2025
PRIMA PARTE
Nell’ambito del credito d’imposta R&S, la distinzione tra crediti d’imposta inesistenti e non spettanti è sempre stato un argomento oggetto di grande dibattito. La complessità della vicenda ha chiesto persino l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno cercato di dirimerla con le Sentenze Cass., SS.UU, 34419 e 34452 dell’11 dicembre 2023; nonostante ciò, le controversie esegetiche non hanno trovato pace e questo ha spinto il Legislatore a conferire delega al Governo per rivedere le disposizioni concernenti l’indebita compensazione di crediti inesistenti e non spettanti, sia sul piano definitorio e sia su quello del regime sanzionatorio.
Così, l’art.20, comma 1, lettera a), n. 5), della legge 9 agosto 2023, n. 111, ha delegato il Governo a “introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti”.

L’ art. 1, comma 1, del D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87, ha formulato una definizione di crediti inesistenti coerente con il suindicato orientamento espresso dalle Sezioni Unite e le nuove definizioni sono state esplicitate rispettivamente con l’introduzione delle lett. gquater) e g-quinquies) all’art. 1, comma 1, del D. Lgs n. 74/2000. Le riportate nozioni trovano collocazione nel decreto legislativo n. 74 del 2000, dunque in tema di reati tributari, ma risultano valevoli anche in tema di sanzioni tributarie non penali.
In attuazione della Legge delega n. 111 del 2023 è stata altresì sistematizzata e uniformata anche la disciplina del recupero dei crediti oggetto di indebita compensazione attraverso l’introduzione, nel DPR 29 settembre 1973, n. 600, dell’ art. 38-bis, ad opera del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13, in tema di accertamento. I termini decadenziali di cui al nuovo art. 38- bis del D.P.R. n. 600/73, applicabili alle due tipologie di credito, si applicano con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.
L’argomento tuttavia ha necessitato di un ulteriore chiarimento operativo e, a tal fine, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emanato l’Atto di indirizzo del 1° luglio 2025. L’obiettivo di questo documento è quello di fornire ulteriori chiare linee guida per distinguere in modo netto i crediti d’imposta inesistenti da quelli non spettanti.
L’atto del MEF si inserisce pertanto in un quadro normativo e giurisprudenziale che ha progressivamente affinato la distinzione tra le due fattispecie, con implicazioni significative sia sul piano sanzionatorio che su quello penale. Sintetizzando, oggi si può affermare che:
- il credito d’imposta inesistente: non ha alcun fondamento giuridico e non è mai sorto; è caratterizzato del tutto o in parte i requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti dalla normativa di riferimento; spesso, questa inesistenza è il risultato di condotte fraudolente, come l’uso di documenti falsi, simulazioni o altri artifici volti a creare un credito dal nulla; non risulta connesso al sostenimento di alcuna spesa necessaria per determinarlo e viene comunque inserito nel modello F24;
- il credito d’imposta non spettante: esiste, ma è utilizzato in violazione delle disposizioni di legge; non si basa su una frode o su un’operazione inesistente, ma su una non conformità alla norma; contempla fattispecie come: la mancanza dei requisiti soggettivi (ad es., il credito è fruito da un soggetto diverso da quello previsto dalla legge); errori nel calcolo dell’ammontare del credito; utilizzo del credito oltre i limiti temporali o quantitativi stabiliti; mancato rispetto di specifici adempimenti amministrativi.
Per quanto concerne le sanzioni amministrative:
- credito inesistente: la sanzione amministrativa è molto più severa ovvero pari al 70% dell’importo del credito indebitamente utilizzato e può essere aumentata in caso di frode documentale;
- credito non spettante: la sanzione è significativamente più mite ed è pari al 25% dell’importo del credito utilizzato in compensazione e, in alcuni casi meno gravi, è prevista una sanzione fissa di 250 euro.
Per quanto concerne le sanzioni penali:
- l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per importi superiori a 50.000 euro può comportare la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni;
- l’utilizzo di crediti non spettanti, oltre la medesima soglia, è punito con una pena più lieve, da 6 mesi a 2 anni, con l’esclusione della punibilità in caso di incertezza oggettiva sugli elementi che fondano la spettanza del credito.

Per quanto riguarda infine i termini decadenziali, il recupero dei crediti indebitamente usati in compensazione è disciplinato dall’art. 38-bis del D.p.r. 600/1973, con termini di decadenza differenziati:
- 5 anni per i crediti non spettanti;
- 8 anni per quelli inesistenti.
L’Atto di indirizzo del MEF del 1° luglio 2025, affiancandosi alla recente riforma e alla giurisprudenza della Cassazione, mira pertanto ad offrire una maggiore certezza giuridica a contribuenti e professionisti. L’obiettivo è superare le ambiguità del passato che hanno spesso generato contenziosi e incertezze, soprattutto in settori complessi come i crediti d’imposta per ricerca, sviluppo e innovazione, dove la valutazione dei requisiti può essere particolarmente difficile.