
CREDITO D’IMPOSTA R&S: RECENTI SENTENZE
PRIMA PARTE
Anche questa settimana, si prosegue l’analisi delle recenti evoluzioni normative in materia di credito d’imposta R&S. In questo contributo editoriale, si condividono, in particolar modo, due rilevanti pronunce sull’argomento.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 25018 del 17 settembre 2024, affrontando un caso di indebita compensazione, afferma un principio di grande rilevanza: le nuove definizioni di credito inesistente e non spettante, introdotte dal D.Lgs. n. 87/2024, hanno natura di “interpretazione autentica“.

Cosa significa in concreto? In sostanza, il principio di interpretazione autentica implica che le nuove definizioni non si applicano solo per le violazioni future, ma hanno efficacia retroattiva, ovvero si applicano anche ai casi precedenti l’entrata in vigore del decreto. Nella pronuncia, infatti, si legge che la dicotomia tra crediti inesistenti e non spettanti propinata dal D.Lgs. 87/2024 “ripercorre i criteri differenziali enucleati dalle Sezioni Unite di questa Corte ed ulteriormente arricchite dalla pronunce giurisprudenziali che ne sono seguite” : detto in altri termini, le definizioni introdotte dal legislatore del 2024 non rappresentano altro che una specificazione della precedente disciplina, già operante nell’ordinamento e destinataria di plurimi precedenti giurisprudenziali. La sentenza contribuisce pertanto a risolvere le incertezze che avevano caratterizzato la materia, offrendo una base giuridica più solida per la classificazione dei crediti e l’applicazione delle relative sanzioni, anche per i contenziosi pendenti.
Altra pronuncia degna di nota è la Sentenza CGT di II grado della Lombardia num.883 del 04/04/2025 in quanto affronta un nodo cruciale e storicamente controverso ovvero la corretta interpretazione del requisito di novità che le attività di R&S devono possedere per essere considerate ammissibili al beneficio fiscale.
In linea generale, la normativa che disciplina il credito d’imposta R&S, sebbene incentivi l’innovazione, ha sempre lasciato un’ampia area di incertezza riguardo alla corretta interpretazione del requisito in esame e l’Agenzia delle Entrate ha spesso adottato una visione restrittiva, richiedendo una novità assoluta, ovvero un’innovazione che non esistesse in alcun modo prima del progetto di R&S. Questo approccio è stato frequentemente contestato da molti contribuenti che sostengono che il progresso scientifico e tecnologico si basa anche sulla novità relativa, ovvero sull’applicazione, rielaborazione e miglioramento di conoscenze e tecnologie già esistenti per creare qualcosa di nuovo per l’impresa stessa o per il suo specifico settore.
La sentenza in rassegna, ribaltando la tesi dell’Agenzia, afferma un principio interpretativo di fondamentale importanza: il progresso scientifico e tecnologico, e quindi la R&S ammissibile a beneficio fiscale, non si realizza unicamente con invenzioni ex novo, ma anche con la combinazione, rielaborazione e riorganizzazione di contenuti scientifici e tecnologici già esistenti.
La Corte ha altresì valorizzato l’approccio metodologico del contribuente sottolineando che la novità, nel caso di specie, risiedeva non nell’aver inventato da zero un concetto, ma nella modalità innovativa con cui questi contenuti sono stati selezionati, rielaborati e combinati, in un contesto tecnologico inedito per l’impresa. L’attività contestata, pur rielaborando concetti preesistenti, non è tuttavia una semplice attività di adattamento ma comporta il superamento di un ostacolo scientifico o tecnologico per l’impresa, elemento questo centrale per definire l’attività come R&S: “La novità dunque non risiede nei contenuti trattati (effettivamente attinti da fonti già esistenti), ma nelle innovative modalità di estrapolazione, collegamento, riorganizzazione di quei contenuti, secondo una metodologia che oggi potremmo riportare alla attività svolta dalla intelligenza artificia. Il che porta, quantomeno come tensione verso un obiettivo, ad un risultato del tutto nuovo e originale”.

Non da ultimo, la Corte ha dato peso alla certificazione asseverata prodotta dal contribuente e rilasciata da un soggetto qualificato e indipendente, riconoscendo in tale documento un forte elemento probante, in grado di dimostrare l’effettivo carattere innovativo del progetto. La Corte ha ribadito che, in presenza di un’attestazione qualificata che spiega in dettaglio la metodologia e gli obiettivi scientifici del progetto, spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di smentire le risultanze tecniche con argomenti altrettanto solidi e non con generiche contestazioni: “la certificazione rilasciata da un valutatore indipendente ha la finalità di “favorire l’applicazione in condizioni di certezza operativa” dell’agevolazione in esame, attestando – attraverso soggetti abilitati, dotati di specifiche conoscenze in materia – la qualifica degli investimenti effettuati dalle imprese ai fini della loro classificazione tra le attività ammissibili al credito d’imposta. Questa certificazione, previo controllo da parte del MIMIT, è idonea ad esplicare effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria”.